Un tunnel visivo e sonoro attraversa lo spazio e invita il pubblico a entrare in una zona di sospensione, al centro di una geometria fragile. Sedici monitor, appesi lungo le pareti, si presentano inizialmente come semplici superfici nere e silenziose, inerti. Un vuoto carico di attesa.

Poi, lentamente, una vibrazione appena percettibile inizia a scorrere lungo i bordi. Pulsazioni sottili, sfarfallii timidi, bagliori intermittenti: è l’inizio di una metamorfosi. Uno dopo l’altro, i monitor iniziano a incrinarsi. Non fisicamente, ma internamente, digitalmente, nell’intimità dei pixel. Le crepe si disegnano come fratture colorate che si aprono sulla pelle elettronica degli schermi, generando un paesaggio visivo imprevedibile, fragile e iridescente. La casualità, l’imponderabile, è parte fondamentale del processo: ogni monitor si distrugge in modo unico, creando dipinti digitali inaspettati che si rivelano solo nell’atto stesso della rottura. Ogni frattura, ogni esplosione di luce e colore, è un momento organico che nasce dalla distruzione, una metamorfosi naturale in cui il caos diventa forma.

Progettata per restare invisibile, la tecnologia si manifesta qui nella sua essenza materiale e tangibile, rivelando la sua natura di macchina. In questo svelamento, diventa forse una finestra – o un ponte – verso una realtà fisica più originaria e nascosta. Le rotture dei monitor potrebbero essere causate da particelle cosmiche o segnali, provenienti dalla spazio profondo, che normalmente (ci) attraversano senza lascare traccia? Le forme e i suoni delle rotture ne rivelano allora il passaggio. Gi scricchiolii, le esplosioni e gli echi che accompagnano e materializzano le rotture sono in effetti elaborazioni sonore dei dati cosmici e ambientali del vicino Osservatorio Gravitazionale Europeo (EGO) di Cascina (PI). I monitor diventano così, misteriosamente, altrettante antenne, in grado di ascoltare e restituirci in modo sensibile i sussulti cosmici più remoti. La rottura diventa ritmo, vibrazione, materia sonora. La tensione cresce, si trasforma in una danza caotica di luce e suono, una sinfonia della fragilità che culmina in un’esplosione di colore e disgregazione.

Fragile è una coreografia del collasso, dove la fragilità non è un difetto, ma una condizione generativa, estetica e profondamente umana. La casualità della distruzione e l’effetto organico che si genera riflettono la bellezza e l’imprevedibilità di un remoto processo naturale.

L’incontro tra artisti e scienziati è una delle frontiere più interessanti e promettenti della cultura contemporanea – ha dichiarato Massimo Carpinelli, direttore di EGO – e contribuisce, senz’altro, a creare un nuovo immaginario e una consapevolezza più diffusa sul valore e il significato della ricerca. Il nostro obiettivo è quello di favorire esperienze e dialoghi tra arte e scienza per mirare a diventare un punto di riferimento nel panorama italiano.

Massimo Carpinelli
Direttore dell’Osservatorio Gravitazionale Europeo