Dal 13 novembre 2024 al 5 gennaio 2025 Rifugio Digitale presenta la mostra Aurelio Amendola per Michelangelo. Il primato dell’informale del pluripremiato fotografo Aurelio Amendola, curata da Antonio Natali.
Il primato dell’informale
Sul finire del 2022 fu esposta, nella Sala del Paradiso del Museo dell’Opera del Duomo di Firenze, una trentina di grandi foto che Aurelio Amendola aveva scattato alla Pietà Bandini di Michelangelo, a stretto ridosso della conclusione d’un restauro che l’aveva liberata da tante superfetazioni deturpanti.
Aurelio era stato chiamato non già a documentare gli esiti di quell’intervento condotto con mano sensibile, bensì a dare la sua lettura di un’opera che’è parte del corpus michelangiolesco, da lui quasi integralmente studiato e interpretato. La sua esegesi per immagini della Pietà fiorentina restituisce alla scultura monumentale (viepiù, anzi, esaltandola) la vocazione a esprimere affetti carichi di pathos; cui Aurelio perviene per via di sbattimenti forti di luce e d’ombra. L’immagine ne consegue d’un viluppo di membra per metà veridica e per metà astratta.
Qui al ‘Rifugio’ s’è scelto per converso di riservare all’astrazione e alle figurazioni informali il ruolo di preminenza, chiedendo ad Aurelio d’indirizzare stavolta il suo obiettivo su brani aniconici, non però impostando una nuova ‘campagna’, ma estrapolando dalle foto delle opere di Michelangelo, da lui nel tempo scattate, quanto appunto d’aniconico l’abbia toccato. Fino all’incanto talora.
Le immagini da sole sono eloquenti riguardo alle sue commosse esplorazioni della materia. Nella Pietà romana lo sguardo d’Aurelio è sedotto dall’epifanie d’epidermidi soavemente levigate da una luce calda che converte il marmo in cera. Cera che ora si rapprende e s’aggruma come le pieghe d’un panneggio quercesco, ora si lascia plasmare, addolcendo e quasi appianando gli scarti fra i turgori e i tenui cedimenti della carne. Nella Pietà Bandini quello stesso sguardo s’attarda invece sulle scalfitture, sulle sgrossature della subbia e della gradina, sulle abrasioni fortuite, sulle asperità e sulle grinze casuali.
E in entrambi i marmi Aurelio riconosce una bellezza nuova. Una bellezza che la natura, coi suoi disegni imperscrutabili, a noi preclusi, spontaneamente crea.
Antonio Natali