Il corpo è una materia sensibile, una terra fertile, un paesaggio mutevole. Giulia Bersani lo tocca con lo sguardo, senza paura, senza pudore. Vicino, vicinissimo, dentro alle pieghe della pelle, nelle cicatrici, tra i capelli, tra le gambe. Non c’è niente di rassicurante nei suoi corpi ribelli: perché si sottraggono ai canoni, alle aspettative, all’ansia del giudizio e alla dittatura delle definizioni. Perché non sono né lisci né conformi. Perché sono nudi e affamati. Di vita. Di intimità. Di libertà. E se ne fregano del resto. Sono corpi che pulsano, ansimano, piangono. Crocevia di desideri e di passioni, corpi fluidi e fatti di fluidi: sudore, sangue e saliva.

Pelle di Giulia Bersani – prima personale del nuovo ciclo espositivo che il Rifugio Digitale dedica alla fotografia contemporanea Il Corpo che Abito, ideato da Irene Alison e curato da Irene Alison e Paolo Cagnacci – porta al centro dell’obiettivo la dimensione del corpo come confine di rivendicazione dell’identità, criterio di conoscenza del mondo, perno attraverso il quale costruiamo le nostre relazioni, come grido di ribellione.